L’acqua è l’alimento principale di ogni essere vivente, consumato con continuità e di più di ogni altro alimento dall’uomo. Ma l’acqua assolve anche la funzione di pulire ed igienizzare, contribuendo così a prevenire le malattie ed assicurare un miglior livello di qualità della vita.
A condizione però che l’acqua sia salubre dal momento che, in caso contrario, essa costituisce un formidabile fattore di diffusione delle malattie.
La crescente produzione di rifiuti industriali ed urbani ha infatti costretto a far uso di acque superficiali e sotterranee come ricettori di scarichi, spesso inquinati da sostanze tossiche o cancerogene (quali metalli, solventi, pesticidi, oli).
Basti considerare che 10 litri di trielina (del valore di circa 10.000 lire) sono in grado di inquinare 1 milione di m³ di acqua, per la cui depurazione sarà poi necessario sostenere un costo di 20 mila euro. Si è reso quindi necessario elaborare a livello europeo una strategia integrata che garantisse al consumatore uno standard di qualità dell’acqua.
Il principio è molto semplice:
* in primo luogo vengono selezionati i corsi d’acqua che potranno essere usati per produrre acqua potabile, scartando quindi quelle acque che, per la presenza di massicci insediamenti produttivi, dovessero risultare eccessivamente inquinate;
* in secondo luogo vengono dettate regole per prevenire un utilizzo, da parte dell’uomo, di acqua che non abbia precisi requisiti di qualità.
Il D.Lgs. 152/99 – artt. 7, 8 e allegato 2 – (che sostituisce il DPR 515/82) detta quindi i criteri in base ai quali le Regioni dovranno classificare le acque superficiali che potranno essere utilizzate per la potabilizzazione, scartando i corsi o quei punti dei corsi d’acqua in cui l’inquinamento in atto è troppo elevato.
La classificazione riguarda solo le acque superficiali (fiumi e laghi), in quanto sono, rispetto alle acque sotterranee, più soggette ad inquinamento e d’immediata verifica visiva del percorso.
Il D.Lgs. 31/01 (che sostituisce il DPR 236/88) stabilisce invece i requisiti di qualità che devono possedere le acque destinate al consumo umano, qualunque ne sia l’origine (sia se vengano prelevate direttamente alla fonte, o sia se vengano distribuite da acquedotti pubblici). Requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano
Per acque destinate al consumo umano si intendono tutte le acque che siano (art. 2) :
• destinate al consumatore (per usi domestici, tramite acquedotti o cisterne)
• utilizzate da un’impresa alimentare come ingrediente per la fabbricazione, il trattamento e la conservazione di cibi e bevande.
• distribuite da un’impresa alimentare tramite bottiglie o contenitori. Invero, tale è una nuova forma di distribuzione dell’acqua destinata al consumo umano (da non confondere con le acque minerali naturali) denominata da talune aziende come “acqua da tavola”.
Ciò significa che :
1) il Dlgs 31/01 allarga il concetto di potabilità non solo alle acque destinate all’alimentazione, ma anche ad usi igienici o, più in generale, domestici (pulizia, innaffiamento, ecc.), in quanto i rischi possono sussistere anche se dell’acqua non viene fatto un uso alimentare (es. rischi di dermatite per contatto con sostanze contenenti nichel, rischio di tumori cutanei per contatto con idrocarburi policiclici aromatici);
2) il Dlgs 31/01 regolamenta anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari, quando tali acque entrano a far parte o possono comunque influenzare il prodotto alimentare finale.
Quindi, il titolare dell’impresa è responsabile della qualità dell’acqua impiegata nel ciclo di produzione, sia che si tratti di acqua utilizzata come materia prima, sia che si tratti semplicemente di acqua utilizzata per il lavaggio dei prodotti o dei macchinari.
Valori limite
Le analisi tossicologiche di laboratorio non riguardano (né potrebbero riguardare) tutti gli innumerevoli composti chimici esistenti in natura (tanto più che ogni anno vengono immessi nel mercato 500 nuove sostanze chimiche, i cui effetti sulla salute dell’uomo potrebbero risultare di difficile determinazione).
Si è scelto quindi di fissare degli standard di sicurezza per tutta una serie di parametri che più usualmente determinano l’inquinamento dell’acqua (riportati in allegato I al Dlgs 31/01). Sono stati, pertanto, fissati dei limiti che non possono essere mai superati perché, in caso contrario, il consumo dell’acqua diventerebbe pericoloso per la salute.
Le tabelle riportate in allegato I, oltre a introdurre nuovi parametri più specifici per la qualità delle acque, fissa limiti più restrittivi per i metalli valutati più tossici (piombo, nichel, arsenico).
Controllo
E’ diffusa la convinzione che il controllo di qualità sull’acqua erogata sia unicamente o prevalentemente di competenza della struttura sanitaria (ASL). Invero tale convinzione è errata perché contrasta con precise disposizioni normative nazionali, nonché con direttive e circolari delle Regioni per richiamare l’attenzione degli enti acquedottistici sul rispetto di una così delicata funzione di controllo ai fini della garanzia della qualità dell’acqua erogata.
I controlli obbligatori che il Dlgs 31/01 prevede sono di due tipi :
• controlli esterni
• controlli interni
Nel dettaglio :
I controlli esterni, di competenza della ASL, mirano ad accertare la qualità dell’acqua distribuita per il consumo umano onde adottare, in caso di fornitura di acqua di qualità non conforme, i provvedimenti necessari a salvaguardare la salute pubblica e, comunque, per applicare le sanzioni previste.
I controlli interni sono controlli che l’ente gestore dell’acquedotto (o il titolare dell’azienda alimentare) è tenuto ad eseguire per verificare e garantire egli stesso le condizioni di potabilità dell’acqua che va a distribuire alla popolazione (o che usa come ingrediente nel ciclo produttivo di cibi e bevande).
Gli acquedotti devono dotarsi di un laboratorio interno per il controllo analitico dei parametri del ciclo della potabilizzazione (art. 7). La legge consente altresì di appoggiarsi in tutto o in parte a laboratori esterni qualificati.
La localizzazione dei punti di prelievo è specificata nell’art. 6 del D.Lgs. 31/01. I controlli periodici andranno quindi effettuati:
• al punto di presa delle acque (alla sorgente per le acque superficiali, ai pozzi per le acque sotterranee)
• agli impianti di adduzione (pompe aspiranti, ecc.)
• nei serbatoi di accumulo
• alla rete di distribuzione
• agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori
• sulle acque utilizzate dalle imprese alimentari
• sul mezzo di trasporto, quando l’acqua viene fornita tramite cisterna.
N.B.:
Per quanto riguarda le acque utilizzate dalle industrie alimentari, i prelievi e le relative analisi vanno ripetute almeno una volta all’anno per ciascun punto di prelievo interessato.
Apparecchiature per il trattamento domestico di acque potabili.
Il Ministero della sanità, verificata la crescente presenza sul mercato di apparecchi propagandati e venduti quali tendenti a migliorare le caratteristiche dell’acqua, ha ritenuto opportuno emanare una normativa che ne regolasse la circolazione (D.M. 21/12/90, n. 443).
Tali apparecchi innanzitutto non rendono potabile un’acqua inquinata, ma vengono utilizzati su acque già potabili al fine di migliorarne alcune caratteristiche, quali la durezza, per meglio adattarla a certi usi domestici (bucato, cottura alimenti, ecc.).
Inoltre, se tali apparecchiature non vengono adeguatamente installati e, soprattutto, gestiti correttamente (sostituzione periodica filtri, ecc.), potrebbero dar luogo ad inconvenienti di ordine igienico-sanitario (peggioramento dell ’acqua erogata e rischi di inquinamento).
Obblighi
L’identificazione dei soggetti tenuti a rispettare gli obblighi derivanti dal D.Lgs. 31/01 presuppone, come visto, che la distribuzione dell’acqua a terzi derivi da un’attività organizzata, sia che essa avvenga:
• tramite consumo diretto (acqua fornita da acquedotti, cisterne mobili o imbottigliata)
• tramite consumo indiretto (acqua utilizzata per la preparazione di prodotti alimentari)
Obblighi per gli ACQUEDOTTI
Obblighi per le IMPRESE ALIMENTARI
* Dotazione di laboratori interni per il controllo (consentito ricorrere a laboratori esterni riconosciuti)
* Controlli periodici sull’acqua (campionamento ed analisi di laboratorio)
* Rispetto di tutti i parametri contenuti nell’allegato I al DLgs 31/01 (conformemente ai parametri richiesti nel “controllo di routine” e nel “controllo di verifica”)
* Tempestiva attuazione dei provvedimenti necessari a ripristinare la qualità dell’acqua
* Controllo almeno annuale sull’acqua utilizzata nel processo produttivo
* Rispetto di tutti i parametri contenuti nell’allegato I al DLgs 31/01 (conformemente ai parametri richiesti nel “controllo di routine” e nel “controllo di verifica”)
* Garanzia di rispetto della qualità dell’acqua utilizzata in ogni punto di prelievo (specificato nell’art. 6): al punto di presa, nei serbatoi di accumulo, negli impianti di lavaggio, ecc.)
Sanzioni
Fornitura, tramite acquedotti o cisterne mobili, di acqua potabile priva dei requisiti di qualità (limiti tabellari di cui alle parti A e B dell’Allegato I)
Vendita per le imprese alimentari di acqua in bottiglie o contenitori (cd. “acqua da tavola”) priva dei requisiti di qualità (stessi limiti tabellari)
sanzione amministrativa da 20 a 120 milioni
Per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico, fornitura di acqua priva dei requisiti di qualità – nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto – (sanzione a carico del titolare o del responsabile dell’edificio o della struttura)
sanzione amministrativa da 10 a 60 milioni
Utilizzo per le imprese alimentari di acqua che, pur conforme al punto di consegna (contatore), non lo sia al punto in cui essa fuoriesce dal rubinetto o dal macchinario (inquinamento interno all’azienda)
sanzione amministrativa da 10 a 60 milioni